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Come augurio a tutti i cittadini di raggiungere al più presto un
rapporto ottimale con il Settore del Credito, mi permetto di citare un
intervento del Prof. EINAUDI espresso nel lontano 1930:
Le Aziende di Credito esistenti in Italia non “paiono né
troppe né poche. Sono troppe tutte quelle casse e banche – ora assai diminuite
però, come si è visto, da allora - che
sono amministrate da asini, da ingordi, da dilettanti e da gente che vuol fare la
banca per amor del prossimo.
Sono poche in confronto delle alcune altre
migliaia di Banche che potrebbero utilmente lavorare in centri rurali,
i quali ora ne sono sprovvisti, in altri centri, dove esistono solo filiali di
grossi istituti affaccendate a pompar denari da rovesciare al centro e nelle
stesse grandi città, dove gli istituti esistenti non abbiano saputo rispondere
alle esigenze di ceti sociali pur bisognosi dell’aiuto della Banca”.
(EINAUDI, 1930)
Riportato nel Rapporto della
Commissione Economic
In questo secolo ci stiamo impattando contro le conseguenze proprio
di questa fattispecie, ormai giunta al massimo della macroscopicità,
fenomeno che nel 1930 sembrava cominciare a scomparire.
Federico Lippi
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Fondazioni come Banche e molto di più ( di Fulvia Novellino) |
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Scritto da Federico Lippi
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martedì 03 febbraio 2009 |
Riporto questo articolo di Fulvia Novellino, sempre puntuale e brava, che riprendo dal sito etleboro italia
Le
Fondazioni bancarie non possono godere di agevolazioni fiscali perché
non equiparabili a degli enti non profit, ma a vere e proprie banche.
Questa la sentenza della Cassazione che stabilisce un importante
precedente per la definizione giuridica, anche se per il momento solo a
fini fiscali, delle ex casse di risparmio privatizzate.
La Cassazione si è finalmente pronunciata sulla definizione giuridica "ai fini fiscali" delle Fondazioni bancarie,
ossia le Casse di risparmio privatizzate dalla legge Amato del 1990 e
dalla riforma Ciampi del 1999. Viene così stabilito che tali entità non
possono godere di agevolazioni fiscali perché non equiparabili a degli
enti non profit, essendo in realtà delle vere e proprie banche. Trova
finalmente applicazione quel principio stabilito dalla legge italiana
secondo cui esiste "una presunzione" dell'esercizio dell'attività di
banca per coloro che sono in grado di influire sull'attività
dell’istituto creditizio in relazione alla loro partecipazione. In
particolare, per la Cassazione tale presunzione può essere superata
soltanto se si dimostrasse che tali enti abbiano privilegiato gli scopi
sociali, rispetto al governo delle Banche, che dovrebbe essere solo
marginale, cosa che in realtà non è. Eppure la riforma Ciampi aveva
previsto che le ex Casse di Risparmio, per beneficiare delle
agevolazioni, dovevano dismettere le partecipazioni di controllo nelle
banche per divenire a tutti gli effetti enti non commerciali, e
dovevano svolgere fini di interesse pubblico e di utilità sociale, in
maniera prevalente rispetto all’attività bancaria. Evidentemente la
legge è stata elusa senza problemi, alla luce del sole, facendo leva
sulla lentezza del sistema giuridico italiano e sul sostegno della
classe politica, che si è vista bene di alzare la mano contro le
fondazioni.
Ad ogni modo, sebbene la decisione riguardi solo un contenzioso tra il
Fisco e le Fondazioni, e dunque sulla possibilità di concedere le
agevolazioni fiscali che spettano alle entità che svolgono delle
attività di assistenza sociale o di beneficenza, rappresenta comunque
una sentenza "storica" perché sdogana dalle fondazioni bancarie
quell’etichetta perbenista di "entità di interesse sociale". La
Cassazione ha dato loro la definizione che più si s'addice, ossia
quella di entità che controllano le banche, e dunque esercitano
un’attività finanziaria-speculativa che non ha nulla a che vedere con
la devoluzione di fondi per la ricerca o la beneficenza. Per tale
motivo la sentenza non avrà solo un impatto sul trattamento fiscale
delle fondazioni - negando loro l’esenzione della ritenuta sui
dividendi o un'imposta ridotta del 50% - ma anche in termini economici
e finanziari, in quanto è molto breve il passo nei confronti della
ridefinizione dei loro statuti. Ovviamente ci chiediamo cosa avrà
spinto lo Stato italiano a chiedere alla Cassazione una sentenza di
questo tipo. Innanzitutto non sono da sottovalutare le pressioni
dell’Unione Europea che chiedono un adeguamento alle regole di
concorrenza e trasparenza vigenti sul mercato comunitario, dove la
struttura delle Banche è diversa, presentando fondazioni equiparate a
fondi di investimento, fondi sovrani istituzionalizzati, holding e
tesorerie, e comunque entità giuridiche che appartengono alla sfera
finanziaria.
In secondo luogo, possiamo inquadrare questa decisione nell’ambito
della riorganizzazione bancaria all’indomani della crisi che ha colpito
soprattutto Banche e alta finanza. In questo contesto di
destabilizzazione, le fondazioni bancarie italiane rappresentano un
caso sui generis, spesso una realtà protetta e ovattata, che consente
loro di non esporsi anche in caso di fallimento della banca che
controllano. Questo perche la fondazione non può fallire, può soltanto
essere inglobata in un’altra, o andare a costituire un fondo a sostegno
di altre fondazioni. Entità, dunque, che possono muoversi liberamente e
fungere da punto di accumulazione di liquidità, da reinvestire
continuamente. È ovvio che, da questo punto di vista, il loro potere
interessa a molti, soprattutto alle Banche estere che cercano di
entrare nel sistema italiano, avendo ormai intuito che è difficile
prendere il controllo di una banca italiana senza avere il controllo
della fondazione che ha alle spalle. Per cui, se da una parte, lo
scardinamento del tessuto delle fondazioni può essere un segnale
positivo per ridare allo Stato italiano il controllo reale del sistema
bancario, dall’altra può aprire nuovi scenari di totale stravolgimento
della nostra economia che dovrà adeguarsi ad un nuovo tipo di
colonizzazione estera. Dunque, siamo ben lontani dal definire questa
sentenza una vittoria di "giustizia sociale", essendo solo un sintomo
di questa economia globale che sta cambiando, dove rischiano il
fallimento sia i giganti del software sia le industrie
automobilistiche, dove le banche riducono il personale ma aumentano gli
sportelli, ed infine dove l’informatica e la cibernetica sono un
fenomeno sociale.
Fulvia Novellino
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La Posta |
Quesiti dei Giudici e ricalcolo degli interessi- Posizione anomala di alcuni CTU |
Quando il Giudice dispone il ricalcolo degli interessi
passivi applicando la capitalizzazione semplice degli interessi, si intende che
debba applicarsi la capitalizzazione annuale o nessun tipo di capitalizzazione?
Grazie per l’attenzione.
Cordialità.
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Leggi tutto...
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La Posta |
Quesiti dei Giudici e ricalcolo degli interessi- Posizione anomala di alcuni CTU |
Quando il Giudice dispone il ricalcolo degli interessi
passivi applicando la capitalizzazione semplice degli interessi, si intende che
debba applicarsi la capitalizzazione annuale o nessun tipo di capitalizzazione?
Grazie per l’attenzione.
Cordialità.
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